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PIANTE GENETICAMENTE MODIFICATE: il metodo biologico

Il loro DNA è modificato con tecniche di ingegneria genetica, sempre al centro di dibattiti sulla loro sicurezza, rappresentano una delle più rilevanti innovazioni apparse nell'ultimo decennio. In questo e altri post parleremo delle piante geneticamente modificate (PGM) che cosa sono, come vengono prodotte, quali sono i loro scopi e i rischi.



Tempo fa abbiamo esposto alcuni esempi di ingegneria genetica può essere utilizzata in agricoltura. Oggi vi descriviamo in breve come viene creata una pianta geneticamente modificata, per la precisione descriveremo il metodo biologico, per poi spiegare sucessivamente il metodo fisico o biolistico. Innanzitutto bisogna dire che le cellule somatiche delle piante sono totipotenti, in parole povere le cellule adulte già differenziate (che hanno acquistato tutte quelle caratteristiche morfologiche e funzionali che distinguono una cellula della foglia da una della radice), sono capaci di ritornare allo stadio non differenziato. Di conseguenza per produrre una pianta trangenica basta introdurre il gene d'interesse in una cellula o un pezzo di tessuto somatico che poi verrà stimolato tramite ormoni vegetali dando radici e germogli ottenendo così una pianta geneticamente modificata (PGM). Tutto ciò lo si può ottenere facendo utilizzo delle tecnologie del DNA ricombinante. Le fasi attraverso cui passa il processo di produzione di una pianta transgenica sono:
- isolamento e caratterizzazione di un gene;
- preparazione del costrutto;
- trasformazione;
- analisi e scelta delle linee transgeniche;
- introgressione del transgene in linee più produttive;
- prove di campo.
Una volta identificato il gene che codifica per il carattere desiderato, questo viene isolato e clonato nei batteri. Il passaggio successivo al clonaggio nei batteri è la costruzione di una sequenza di DNA che contenga le informazioni necessarie alla trasformazione e all’espressione della caratteristica desiderata nella pianta transgenica, passaggi che consentono la costruzione di un costrutto genico. Un costrutto genico è costituito dal gene di interesse e dalle regioni dei promotori e del terminatore, tutto ciò per favorire una corretta espressione del gene all'interno del tessuto trasformato. Inoltre il costrutto genico, o un altro costrutto con le stesse caratteristiche, deve contenere un gene il cui prodotto permetterà la selezione delle cellule trasformate, in parole povere vi deve essere la presenza di elementi che hanno il compito di evidenziare la presenza del costrutto nell'OGM, questi elementi sono definiti geni marker.

Quindi riassumendo gli elementi essenziali del costrutto, sono:
1. il transgene, che è la sequenza di DNA che codifica per il carattere desiderato;
2. il promotore, posto a valle del gene, è la sequenza di DNA necessaria alla regolazione dell’attività trascrizionale - ovvero la sequenza di eventi con cui l’informazione codificata nel DNA viene trasformata in una proteina con la sua specifica funzione e struttura - e può essere considerato come un interruttore che controlla quando e dove il gene deve essere espresso nella pianta.
3. il terminatore, posto a monte del gene, segnala ad uno specifico complesso enzimatico la fine del gene.
Ovviamente nel costrutto genico sono inoltre presenti geni marker, necessari per discriminare in fase di
laboratorio le cellule vegetali trasformate dalle non trasformate.
A questo punto il gene è pronto ad essere trasferito nel tessuto di interesse secondo i processi di trasformazione genetica.
Le due più diffuse tecniche che consentono l'integrazione del DNA esogeno all'interno delle cellule del tessuto di nostro interesse sono due: il metodo biologico e il metodo fisico o biolistico. Oggi vediamo il metodo biologico.


IL METODO BIOLOGICO:
Questo metodo fa utilizzo di batteri come l'agrobacterium, questo microrganismo è comunemente presente nel suolo, per sopravvivere si avvale dell'aiuto delle piante, la sua caratteristica è che una volta insediatosi all'interno delle cellule vegetali ne modifica il genoma causando la formazione di tumori dai quali ricava nutrienti. Questo microrganismo possiede un solo cromosoma e normalmente può possedere anche un plasmide noto come T1 che è il diretto responsabile della trasformzaione delle cellule sane in tumorali. Al momento dell'infezione il batterio aderisce alla cellula vegetale introducendo un frammento del plasmide T1. Questo frammento definito T-DNA (DNA di trasferimento) si integra nel DNA delle cellule infettate, diventando da quel momento parte integrante del genoma cellulare. Il T-DNA consente un dedifferenziamento delle cellule vegetali e la loro proliferazione (in quanto contiene i geni per i fitormoni, auxine, e citochinina) nonchè produzione di particolari sostanze come le opine utilizzate dal patogeno come fonte di nutrimento. l'ingegneria genetica non ha fatto altro che utilizzare questo processo naturale per traferire uno o più geni nella pianta. La procedura che porta all'inserimento del DNA di interesse è semplice; si prelevano dei frammenti di tessuto vegetale ad esempio i dischi fogliari e si infettano con i batteri ingegnerizzati contenenti il DNA di nostro interesse. Durante il contatto con la cellula il batterio trasferisce il dna ricombinante costituito dalle terminazioni dei T-DNA, il promotore, il terminatore, e il gene o i geni di interesse che si desiderano trasferire. Dopo alcune ore di co-coltivazione, il batterio sarà eliminato utilizzando antibiotici come l'ampicillina ad esempio che non danneggiano la cellula vegetale. Ovviamente bisogna sottolineare che non tutto il tessuto sarà effettivamente trasformato, cioè non tutto il tessuto riceverà DNA dal batterio. per ovviare a questa limitazione si utilizza il gene marcatoreche sarà trasferito insieme al gene di interesse, il prodotto del gene marcatore conferirà alla pianta una caratteristica selezionabile. Classicamente sono stati utilizzati geni che conferivano resistenza a particolari antibiotici o agli erbicidi. Grazie a questo trattamento, ponendo il tessuto sottoposto a trasformazione in un terreno di coltura contenente un agente selezionante ad esempio un antibiotico come la canamicina, si consentirà la crescita soltanto ai germogli che hanno acqisito il gene marcatore, e quindi il gene di interesse a esso associato nel costrutto genico mentre gli altri moriranno. Nel prossimo post vederemo in cosa consiste il metodo fisico o biolistico.

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